Nativi digitali e sicurezza
Un aspetto che reputo preoccupante è il modo, abbastanza disinvolto e incosciente, attraverso cui i ragazzi inseriscono i propri dati personali in rete o la leggerezza con cui condividono alcune cartelle del proprio pc, con foto e filmati personali, spesso con emeriti sconosciuti.
Per quanto i nostri studenti possano disporre delle abilità necessarie a navigare in rete, così come vuole il loro status di “nativi digitali”, sono spesso assolutamente sprovveduti nel valutare le conseguenze di alcune azioni che in rete abitualmente compiono. Non si preoccupano della sicurezza dei dati, non si pongono problemi legati alla privacy: per loro sembra sia importante “esserci”, “partecipare”, qualche volta “stupire”.
In tutto questo trovo interessante l’atteggiamento di tanti genitori: secondo una ricerca condotta dai ricercatori del progetto Eu Kids Online, la rete fa meno paura del mondo reale: lo hanno dichiarato 8 genitori italiani su 10. «È altamente improbabile che mio figlio possa imbattersi in una situazione spiacevole su Internet». C’è da chiedersi se abbiamo davanti una schiera di genitori analfabeti digitali oppure fortemente fiduciosi nelle capacità di autodifesa dei propri figli.
Save the Children Italia, in una recente ricerca, parla di un 14% di ragazzi che incontra persone conosciute online.
Su questo fronte spesso anche la scuola è assente: o perché mancano professionalità adeguate o perché l’argomento non rientra nei programmi di studio, i ragazzi spesso non ricevono un’adeguata informazione/formazione su questi temi.
Che fare allora? Credo che come educatori abbiamo il dovere, uscendo dai vincoli imposti dalle singole discipline e dai rispettivi programmi, di affrontare a viso aperto i problemi correlati alla navigazione sicura, come momento propedeutico a una navigazione consapevole e responsabile.