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Lim e didattica

Quando penso alla scuola,   mi viene spesso in mente l’immagine di una barca a vela che, nel bel mezzo di una traversata impegnativa, disalbera: senza vele, si lascia spingere dalle onde e senza possibilità di governo,  muta continuamente direzione,  con scarse possibilità di raggiungere il porto desiderato.

 

Nonostante tutto si muove e galleggia: per tanti questo è sufficiente. C’è qualche insegnante che, non contento di questa situazione, con grande fatica e impegno, si è costruito una piccola  barca e qualche volta in solitaria altre volte con un piccolo equipaggio, ha iniziato a navigare tentando di raggiungere quei porti che quel “barcone senza albero” forse non raggiungerà mai.

Sono convinto che se non si parte da una seria e condivisa presa di coscienza, è difficile parlare di LIM, di ebook  o più in generale di ICT: le LIM, rischiano di diventare un  elemento d’arredo del terzo millennio o nella migliore delle ipotesi, si limiteranno a sostituire le attuali lavagne. Nel 1999 - 2000, la scuola sarda è stata coinvolta  in un progetto (M@rte)  che sembrava realmente innovativo: la realizzazione, in ogni istituzione scolastica, di un laboratorio multimediale con una serie di obiettivi stimolanti; ne ricordo qualcuno: la formazione e l’aggiornamento continuo online dei docenti, la costruzione collaborativa (intrascolastica ed extrascolastica) delle conoscenze utilizzando le ICT; la preparazione di materiali didattici digitali, la costruzione e sperimentazione di un'organizzazione di tipo reticolare di nozioni e pratiche relative ai vari campi di studio, la creazione di un archivio multimediale, etc .

Ebbene, nel migliore dei casi, questi laboratori sono stati usati come semplici aule di informatica, in tante altre scuole  sono diventati obsoleti senza mai essere utilizzati. Evidentemente ogni commento è inutile!

Tante volte, da parte di molti docenti, la tentazione di tirare i remi in barca, nel contesto appena descritto, è stata forte;  nonostante tutto, nonostante le tante delusioni, la voglia di navigare, anche in solitaria,  in molti  ha prevalso.  

Sono pienamente convinto che l’inserimento delle LIM  in aula possa rappresentare un significativo valore aggiunto all’azione didattica, offrendo un supporto per un salto qualitativo anche nell’ottica degli apprendimenti. Considero le LIM non solo come uno strumento in grado di aggregare molteplici risorse multimediali  o in grado di accedere alle risorse internet,  utili senza dubbio per lezioni più interessanti e stimolanti, soprattutto per i nostri studenti;  penso alle LIM come strumenti che offrono la possibilità di personalizzare i percorsi d’apprendimento, alla costruzione collaborativa dei percorsi stessi, all’interattività, alla possibilità di coinvolgere maggiormente studenti con disabilità, penso a un aula che si dilata nello spazio e nel tempo! Perché tutto questo avvenga, è ovvio che il docente deve passare dalla sua funzione primaria di erogatore di contenuti a quella di facilitatore dei processi di apprendimento, in altri termini si deve spostare il baricentro dai processi d’insegnamento a quelli d’apprendimento:            solo con questo salto qualitativo, si potrà cogliere e valutare quel valore aggiunto che, strumenti come le LIM, possono realmente apportare.
Una delle paure più frequenti è che la LIM  si ponga in totale discontinuità con quanto avviene nell’attività abituale di insegnamento: credo invece che proprio la LIM sia uno strumento molto versatile, il cui utilizzo può trovare accoglienza all’interno di diverse strategie didattiche.  Si integra perfettamente con strumenti già  largamente usati (PC, videoproiettore), consentendo però una
graduale rivisitazione delle stesse strategie didattiche. Anche l’utilizzo della LIM
come semplice strumento, non presenta grandi difficoltà, almeno per chi ha una minimo di dimestichezza col pc. Ma non ci si può soffermare solo a questo aspetto. Infatti le competenze da sviluppare sono diverse, e non possono essere considerate solo quelle tecnologiche. Credo che la difficoltà più grossa sia rappresentata dalla capacità di integrare saperi disciplinari con le conoscenze tecnologiche e le competenze didattiche. E’ una sfida interessante, perchè   obbliga ad un sostanziale ripensamento della didattica, dove non il docente, non il libro, non l’ansia che riusciamo a comunicare agli studenti sono al centro dell’azione, ma lo studente e il suo grado di coinvolgimento all’interno di un processo di apprendimento, di cui è non solo l’attore principale ma anche il co-autore, insieme al docente e all’intera classe.

 Perché questo sia davvero incisivo, è necessaria una formazione capillare degli insegnanti: credo sia l’unica strada da seguire non solo per mitigare il clima ostile o di indifferenza che spesso si percepisce, ma anche per far apprezzare le potenzialità, le molteplici  possibilità di utilizzo, la flessibilità di uno strumento che prima di tutto è … una lavagna.

La formazione, che è e rimane fondamentale, deve essere accompagnata da una diffusione delle buone prassi, da una condivisione (già qualcosa si intravede) dei lavori realizzati nelle classi, da un maggior coinvolgimento, nell’azione di diffusione, di quei docenti e studenti che nell’attività quotidiana utilizzano questi strumenti.  

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